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Un formaggino per amico

“Guardate cosa c’è oggi! Li volete?” Queste parole accompagnavano il dolce sorriso della  mamma ed io e mio fratello già sapevamo che sul tavolo della cucina avremmo trovato la nostra felicità, poggiata su vassoio di cartone, racchiuso in carta bianca.
Papà aveva le mucche e mamma, almeno una volta a settimana, chiedeva al lattaio (il raccoglitore del latte) di portarci i “formaggini freschi” (robioline). Li mangiavamo a colazione, prima di andare all’asilo. Così bianchi, soffici, freschissimi…  genuini come  noi bambini! Poi un giorno papà, d’accordo con il nonno e con la famiglia, vendette tutte le vacche per dedicarsi alla sua grande  passione: i cavalli. 

L’emozione di quella colazione rimane uno dei ricordi più belli della mia infanzia. Ma non era solo colazione. Quelle poche, pochissime volte che si usciva a cena con amici, si andava sempre nello stesso posto: a Montevecchia a mangiare i formaggini! Non in un ristorante, ma in una casa, dove il proprietario aveva ricavato una sala per accogliere gli avventori ed offrire loro formaggini freschi e stagionati, accompagnati da salumi e verdure, tutto di produzione propria. Le coagulazioni lattiche sono, infatti, tipiche della zona in cui vivo, del lecchese, in particolare della collina di Montevecchia. 

Passano gli anni ed io mi diplomo in lingue e letterature straniere.
Da sempre timida, insicura ed introversa, inizio a coltivare passioni. Dalla musica al ballo, dalla fotografia a creazioni di ogni tipo. Ed è qua che trovo la mia strada: nell’arte del creare. Inizio a fare mercatini di hobbistica  ed anche a lavorare, facendo di tutto: autista di uno scuolabus, edicolante, educatrice, assistente alla poltrona (del dentista)… fino al 2009, quando un amico di famiglia mi propone lavoro nella sua azienda agricola, come impiegata in ufficio e addetta alla vendita in caseificio. Accetto.

In produzione, l’unica cosa che mi viene concessa di fare sono i formaggini. Appunto, sempre le lattiche del mio cuore!                                                                                                                                                                        

Nel 2015 l’azienda si trova costretta a rivedere il suo assetto organizzativo. Il casaro accetta una nuova proposta lavorativa. Il caseificio avrebbe dovuto chiudere il 31 dicembre 2015. Ma io non ci sto. Sto male al pensiero. Passano le festività natalizie ed il 10 gennaio io propongo di imparare e proseguire da sola. “è impossibile, non puoi farcela” – fu la risposta. Insistetti e alla fine:  “se vuoi provare, prova, ma tanto sono sicuro che non ce la farai”.  Dopo un primo momento di entusiasmo, caddi nel pentimento. Quanti notti insonni passate a darmi della stupida!! Ma come potevo pensare di imparare così in fretta e mandare avanti l’attività da sola?!? Beh, non lo so nemmeno io come, ma ci sono riuscita!

Il “vecchio” casaro mi lasciò le sue ricette, ma da lì a poco a me non bastarono più. Volevo risposte. Così  a inizio luglio andai a seguire un corso di arte casearia in provincia di Treviso e da lì non mi sono più fermata. Da subito mi colpì una frase del Maestro Carlo: “vedete, se fate la robiola in un certo modo, poi buttate sopra delle spezie a casaccio, viene fuori un quadro tutto colorato”. Provai. Un quadro….un quadro… Da questa parola l’idea di farci dei disegni, anziché buttare spezie a casaccio. Io, che in disegno sono negatissima!!!! Ed è proprio per questo che mi ha preso sempre più e con l’esperienza ho affinato le tecniche di decorazione, arrivando a fare delle vere e proprie piccole opere d’arte (sempre solo con spezie, no coloranti artificiali).                                                                                                                                                        Ora non mi limito più a fare questo solo sulle  lattiche, ma anche con ricotta, yogurt ed altri formaggi.                                                                                                                                                             Elevare l’ordinario a straordinario è diventato quasi una missione e l’arte della creatività è lo strumento per riuscirci. Non è un dono innato, è solo questione di allenamento!

 “Cheese design”: penso, creo, decoro, valorizzo.

Con questo esprimo tutto quello che c’è in me ed è bellissimo pensare che il primo protagonista è un ricordo d’infanzia!

Ora nessuno si permette più di dirmi “tanto non ce la fai”. Nemmeno io lo dico più a me stessa.

Ho imparato che: se insisti e resisti, poi persisti e conquisti!

E’ doveroso un grande ringraziamento ai miei capi che ora hanno piena fiducia in me e mi lasciano sempre fare e non fare tutto quello che voglio, permettendomi di sperimentare, sbagliare, riprovare e crescere, così, ogni giorno. 

L’ultima creazione di Adriana in occasione della cena del Capito 579 della Gilde a Cherasco.

 

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Facebook: Adriana Scaccabarozzi

Instagram: adriana_cheesedesigner